Il bue e l’asinello

L’impeto del bue e l’ingenuità dell’asino sono tratti di una terra libera, che conserva le origini, le autenticità primitive.

L’apatia del bue – i suoi occhi ci fissano per pochi secondi, pur tanti per lui – se minacciata provoca la sua carica. La semplicità e tenerezza dell’asino dice che ciò che conta è l’essere e non cosa si ha. Il bue e l’asino mai soli, si muovono nei loro grandi spazi e nella propria intimità, la stessa delle Murge tarantine. Liberi nella propria palese naturalezza quale deterrente contro lo snaturamento del territorio che ha in sé il medesimo tratto caratteristico dei nostri attori. Tutta la natura si adagia su essi, uomini inclusi, come i pastori e cantori sardi ereditieri del suono dei versi di pecore e buoi per i loro canti. I nostri protagonisti, invece, raccontano con meraviglia ed entusiasmo di tutto ciò di cui si nutrono nei loro pascoli, perché quel fieno, la stessa erba, cresce sul territorio delle grotte di Dio, di fatto una miriade di case grotte basiliane con dipinti sacri indelebili dai muri e dall’inconscio degli animali. Racconti guidati lungo i sentieri delle gravine, depressioni oggi, ma palazzi capovolti ieri, abitati da quei monaci dell’est che hanno trovato riparo dalle persecuzioni in quella che era la grande terra d’Otranto. Case abitate anche dagli stessi asini e dai buoi, oggi gli eredi ci accompagnano presso le loro masserie, tutte con simili odori, inconfondibili e riconoscibili a distanza di tempo. Da sempre nell’aria ci sono effluvi di resina e di petricor, l’odore intenso del latte come se straripato dal suo letto, capaci di stimolare emozioni, ricordi e  risposte ai perché abbiamo scelto di essere qui, a Mottola piuttosto che a Castellaneta, comunque a pochi passi dalla capitale della tradizione povera del meridione, Matera, capoluogo della contraddizione che diventa cultura. Il vento nulla può contro il mantice della fisarmonica, ossia la superficie di questa terra che mette in circolo aria eterna che  unisce due mondi apparentemente opposti, ma unici nell’essenza.

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